Lo scorso 16 Dicembre a Tokyo è morto, all’età di 87 anni, l’architetto giapponese Yoshio Taniguchi.
Taniguchi era nato nella capitale nipponica nel 1937 e sin da piccolo era entrato in contatto con l’architettura, sia tradizionale che moderna, grazie all’influenza di suo padre Yoshiro, anch’egli architetto.
Scelse inizialmente la strada dell’ingegneria meccanica, laureandosi nel 1960 presso l’Università di Keio, per poi iscriversi alla Graduate School of Design di Harvard. Durante gli studi americani subì l’influenza di Le Corbusier. Tra i suoi insegnanti ci furono Walter Gropius e Michael McKinnell.
Dal 1964 al 1972 lavora nello studio di Kenzo Tange, uno dei più importanti architetti giapponesi dell’epoca. Prima di aprire un suo studio personale, il Taniguchi and Associates ha svolto attività di docenza presso l’Università di Città del Capo, in Sud Africa, e presso l’Università della California a Los Angeles. Nel 1978 realizzò la sua prima opera importante: lo Shiseido Art Museum a Kakegawa, in cui riprese elementi del Carpenter Center di Le Corbusier e dello Stadio Olimpico Yoyogi del suo maestro Tange.
Grazie al fotografo Ken Domon, che nel 1983 gli commissiona la realizzazione del suo museo personale a Sakata nella prefettura di Yamagata, il lavoro di Taniguchi ottiene molta visibilità; iniziano a essergli commissionati altri lavori simili, che contribuiranno ad annoverarlo fra gli specialisti del settore della progettazione museale.
Nell’ultimo decennio del XX secolo realizza in Giappone il Marugame Genichiro-Inokuma Museum of Contemporary Art (MIMOCA, 1991), il Toyota Municipal Museum of Art (1995) e la Gallery of Horyuji Treasures del Museo Nazionale di Tokyo (1999). La sua opera più famosa è l’ampliamento del MoMA di New York, nel 1997, primo lavoro realizzato all’estero dai tempi del diploma ad Harvard. Taniguchi vinse il concorso per la realizzazione di quest’opera battendo nove architetti di fama internazionale, tra cui l’olandese Rem Koolhaas e gli svizzeri Herzog & De Meuron.