Lo scorso 15 Gennaio a Castelfiorentino, cittadina dove era nato nel 1929, è morto l’artista Roberto Malquori.
Malquori aveva aderito al Gruppo 70, collettivo d’artisti che teorizzava un’arte tecnologica basata sull’autoironia e l’autocritica ed a cui interessava contaminarsi con discipline diverse come la poesia, la sociologia, la fotografia e il teatro.
Alla Biennale di Venezia del 1964, Malquori ebbe modo di verificare che il proprio lavoro era in sintonia con le opere degli artisti pop Rauschenberg e Johns.
Nel 1965 aderì al Bauhaus Situazioniste, movimento fondato da Jørgen Nash, dopo la sua separazione dall’Internazionale Situazionista, teorizzato da Guy Debord. Il Situazionismo si proponeva di creare situazioni in cui gli individui potessero divenire partecipanti consapevoli della vita e non osservatori passivi dello spettacolo che ci viene proposto dai mass media: questo fu sempre uno degli obiettivi dell’opera di Malquori, perseguito con fedeltà negli anni con le partecipazioni costanti all’attività del gruppo svedese.
Nel 1969 fu tra gli artisti che sostenevano l’attività del Centro Tèchne e della omonima rivista. Malquori, avvalendosi di rotocalchi e di quanto la pubblicistica dei consumi offre giorno per giorno, con un’originale tecnica di trasporto degli inchiostri tipografici, compose nuove immagini affollate di visi, figure, richiami, scritte, svincolandole dal loro contesto originario e dotandole di nuovi significati.
Si è parlato a proposito delle sue opere di clima da luna park, ma anche di giudizio universale e di codice miniato. Il suo lavoro si può inserire decisamente nel filone dell’arte Pop con intendimenti molto polemici comuni anche al New Dada.