“Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno”. Libro della Genesi, 3-5
Quando si pensa alla “luce” non si può non pensare all’inizio di tutto, a quel fiat lux che diede origine alla vita e all’universo intero. Quando si parla di fotografia, non si può non pensare alla “luce”, a quella luce che rende possibile alla natura di autoritrarsi. Fotografare la luce quindi equivale a porsi delle domande esistenziali; è una pratica che coincide necessariamente con una riflessione sulla materia stessa della fotografia. L’atto del fotografare etimologicamente equivale a “scrivere con la luce”, quindi fotografare la luce è un’azione metafotografica, come scrivere sulla scrittura o pensare al pensiero. Tutto ciò potrebbe sembrare un giochino fine a se stesso, ma in realtà non è così. Solo dopo un’attenta e acuta riflessione si può pensare di intraprendere un cammino del genere, di percorrere una strada di cui forse si intuisce l’inizio, ma di cui certamente non si può prevedere la fine. “Fra luce e oscurità” è il titolo della serie-saggio di Palmina Barbagallo: saggio perché ogni immagine è la materializzazione di un’idea visiva, di un pensiero che si fa materia luminosa, cromaticamente ricca e appassionante. “Le stelle sono buchi nel cielo da cui filtra la luce dell’infinito” scriveva Confucio; le foto di Palmina sono strappi alla regola, sono tagli nel visibile che ci mostrano ciò che ci rende possibile la visione di ogni cosa: la luce appunto. Ma quella di Palmina è una luce dai molteplici significati, fisici e metafisici, ed è anche una luce che sa dare origine al suo opposto, all’ombra, a quell’oscurità presente già nel titolo della mostra stessa. “Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera” scriveva Goethe, perché esiste sempre un rovescio della medaglia, un dietro delle cose dove spesso non si ha il coraggio di guardare. Ma in mezzo cosa c’è? Fra luce e oscurità in mezzo c’è il mondo, la vita, noi. Ed è così che ogni immagine di Palmina diventa una manifestazione del suo essere. Del resto, come scriveva Erich Fromm, “il compito principale nella vita di un uomo è di dare alla luce se stesso”; e quale modo migliore esiste per “dare alla luce se stesso” dell’arte? Non dimentichiamo poi che “dare alla luce” è una magia tutta femminile, perché ci sono diversi modi di “dare alla luce”: da una vita a un progetto (fotografico nel nostro caso). E Palmina nella sua vita di donna e di artista ha fatto entrambe le cose, partecipando pienamente del mistero divino della “creazione”.