Mustafa Hassouna
“Palestinian rights of return protests – Gaza Strip”
2018

di Enzo Gabriele Leanza
31 Dicembre 202451

© 2018 – Mustafa Hassouna / Anadolu Press 

 

Il conflitto israelo-palestinese è purtroppo un tema che non passa mai di moda, rinfocolato continuamente dall’una e dall’altra parte a suon di scontri e di morti. La tragedia umanitaria oggi in atto, di cui sono piene le cronache di giornali e telegiornali, non è quindi una novità di questi ultimi tristissimi tempi, ma affonda le sue profonde radici nell’immediato secondo dopoguerra, allorquando cominciarono i primi scontri tra la comunità araba autoctona e quella sionista importata e cresciuta a dismisura sulla spinta dell’antisemitismo dilagante in Europa.

Per non dimenticare questa tragedia senza fine, ho ritenuto opportuno analizzare una fotografia che non ci parli strettamente dell’oggi, ma che mostri il “sempre quotidiano” di una comunità resistente.

Protagonista di questo scatto, realizzato nell’ottobre del 2018 dal fotografo palestinese Mustafa Hassouna, è il ventenne Aed Abu Amro, che partecipa ai ripetuti scontri contro gli occupanti israeliani, in nome e per conto della libertà del suo popolo.

Un giovane palestinese che lancia sassi contro l’esercito di Tel Aviv non è di certo una novità, ma la particolarità di questa immagine è rappresentata da numerosi elementi significativi, che emergono nel quadro di un’azione decisamente concitata.

Il cielo che fa da sfondo alla scena è zeppo di fumo denso, traccia evidente dello scoppio di alcune bombe nei pressi del protagonista. Non si tratta quindi di una schermaglia, ma di uno scontro vero e proprio in cui emerge la disparità di mezzi: bombe contro pietre.

Il giovane Amro è a torso nudo, elemento che, unito alla ripresa leggermente dal basso, accentua il tratto scultoreo della sua figura e gli fa assumere un aspetto epico, ma che, al tempo stesso, ne mostra, nonostante la determinazione dello sguardo e del gesto, tutta la fragilità.

Il ribelle, mentre con la mano sinistra corroborata da una lunghissima fionda, scaglia una pietra, che sicuramente non è la prima né in senso materiale né in senso biblico, imbraccia con la destra la bandiera del suo Paese. Pietra e bandiera sono oggetti apparentemente distanti, perché appartenenti a insieme differenti, ma che diventano drammaticamente vicini nella storia della Palestina, fin dai tempi della prima Intifada.

Questi due fattori, all’interno dell’immagine, innescano un cortocircuito di riferimenti ai testi sacri e alla storia dell’arte. Se da un lato infatti la fionda in mano di questo “piccolo Davide arabo”, che già di per sé è una significativa anomalia dato che Davide era ebreo e difendeva il regno di Israele, richiama in maniera inequivocabile l’episodio citato da Samuele (17:44-47), dall’altro il torso nudo e la bandiera in mano sembrano far riferimento, tanto spudoratemente quanto involontariamente, al quadro La Libertà che guida il popolo di Eugene Delacroix.

A differenza però del capolavoro dell’Ottocento francese, in questo caso la lotta contro l’usurpatore va in scena senza che nessuno degli elementi in gioco sia ricercato o costruito, tutto avviene davanti agli occhi del fotografo con l’aberrante naturalezza che può avere una battaglia in atto. Ogni elemento si muove indipendentemente dalla volontà di Hassouna, cui non rimane altro che il compito di registrare con prontezza e occhio educato l’accaduto, per far sì che il suo popolo possa fare memoria di questo giovane eroe e per mostrarlo a noi che, per nostra fortuna, siamo lontani fisicamente da quei “campi”, ma che, ciò nonostante, condividiamo il desiderio e la speranza che un giorno, il prima possibile, si possa giungere a una giusta soluzione di pace, che ponga fine a questo scempio.

[Abbiamo deciso di chiudere questo 2024 di Spectrum Web con la lettura di quest’immagine nella speranza che nel nuovo anno possano aprirsi seri spiragli di pace in Palestina, in Ucraina e in tutti quei luoghi del mondo dove ancora si combatte e deve i popoli resistono agli invasori].

 

 

 

Mustafa Hassouna (Gaza)

È un fotoreporter che vive nella Striscia di Gaza e che dal 2007 lavora per l’agenzia fotogiornalistica turca Anadolu. In precedenza aveva lavorato come freelance per AFP, Reuters e altri network fotogiornalistici internazionali. Ha vinto numerosi premi, tra i quali l’IPA nel 2019 e il World Press Photo nel 2024.