Maria Lai
Palazzo de’ Rossi – Pistoia
Fino al 23 Febbraio 2025

di Spectrum Web Team
28 Dicembre 202424

Fino al 23 Febbraio 2025 Palazzo de’ Rossi a Pistoia ospita il nuovo appuntamento con In Visita, il progetto di Fondazione Pistoia Musei che propone l’esposizione temporanea di una o più opere d’arte all’interno del percorso permanente delle Collezioni del Novecento.

Il progetto è curato da Monica Preti, direttrice di Fondazione Pistoia Musei, e da Annamaria Iacuzzi, conservatrice delle Collezioni del Novecento.

Protagonista di questo turno di In Visita è Maria Lai, artista italiana tra le più conosciute e apprezzate a livello internazionale, per la prima volta a Pistoia, di cui viene presentata Geografia, 1982-1988.

L’opera, in prestito dalla Collezione di Intesa Sanpaolo, faceva parte della raccolta d’arte del Credito Industriale Sardo, come documento dell’espressività contemporanea degli artisti attivi in Sardegna.

 

 

 

Maria Lai (Ulassai 1919 – Cardedu 2013)

È stata un’artista italiana che scoprì da giovanissima l’attitudine per il disegno utilizzando i carboni del camino per disegnare forme sulle pareti. Nel 1932 si iscrisse al Regio Istituto Magistrale Eleonora D’Arborea di Cagliari, dove ebbe come docente Salvatore Cambosu, con il quale instaurò un profondo e duraturo rapporto di amicizia. Nel 1939 si iscrisse al Liceo Artistico Ripetta di Roma, dove conobbe maestri di pittura come Angelo Prini e Marino Mazzacurati. Completati gli studi al liceo, a causa della guerra, non potendo rientrare in Sardegna, partì alla volta di Venezia. Qui, dal 1943 al 1945, iscrittasi all’Accademia di Belle Arti, frequentò il corso di scultura tenuto da Arturo Martini e da Alberto Viani. Nel 1945 fuggì precipitosamente da Venezia e dopo un breve periodo a Verona rientrò in Sardegna; dall’anno successivo, insegnò all’Istituto Tecnico Femminile di Cagliari fino al 1949. Nel 1957 tenne la sua prima personale presso la Galleria L’Obelisco di Irene Brin, esponendo i disegni a matita realizzati tra il 1941 e il 1954. Nel frattempo aprì un piccolo studio d’arte. Negli anni Sessanta Maria Lai osservava le correnti emergenti contemporanee, come l’Arte Povera e l’Informale, e di li a poco comprese quanto fossero importanti le lezioni di Martini (inizialmente vissute come un completo fallimento), le parole di Cambosu, le tradizioni, i miti e le leggende della sua terra natia. Intervenendo sulla materia attraverso gli oggetti ready-made del telaio e della magia del suo utilizzo, del pane e degli oggetti del passato arcaico sardo, iniziò il suo percorso, che vedeva il passato come indagine del futuro. Nel 1971, presso la Galleria Schneider di Roma, espose i primi Telai. Un avvicinamento all’arte tessile favorito dall’incontro con Enrico Accatino che iniziava a operare per il rilancio dell’arte tessile, coinvolgendo anche alcune manifatture sarde. Nel 1976 conobbe Angela Grilletti Migliavacca, proprietaria e direttrice della Galleria d’Arte Duchamp di Cagliari e sua futura curatrice personale, con la quale poi avrebbe mantenuto un rapporto di lavoro e d’amicizia pluridecennale. Nel 1977 conobbe la storica dell’arte Mirella Bentivoglio, che l’anno successivo permise alla Lai di sbarcare alla Biennale di Venezia. Gli anni Ottanta furono caratterizzati dal ciclo delle Geografie e dei Libri cuciti. L’8 Settembre 1981ebbe luogo un evento unico di Arte Relazionale, a cui partecipò l’intera comunità di Ulassai: l’operazione, denominata Legarsi alla montagna, durò tre giorni ed ebbe ampio risalto, interessando anche la RAI. L’evento fu considerato dal critico d’arte Filiberto Menna come una delle realizzazioni più significative dell’arte contemporanea. L’ispirazione dell’opera derivava da una reinterpretazione di una antica leggenda del paese, Sa Rutta de is’Antigus (La grotta degli Antichi), che era stata ripresa da un fatto realmente accaduto ad Ulassai nel 1861. Un giorno crollò un costone della montagna che travolse un’abitazione, all’interno della quale morirono tre bambine: un’altra però riuscì a salvarsi e aveva in mano un nastro celeste. I popolani interpretarono il fatto come un miracolo divino, che fu tramandato di generazione in generazione: la bambina, per inseguire un filo azzurro che volava in cielo tra i fulmini, era uscita dalla grotta poco prima del crollo ed ebbe così salva la vita. Maria Lai unì con un filo celeste lungo 27 km le case del paese e il soprastante Monte Gedili. Negli anni Novanta le sue opere apparvero come una reinterpretazione del suo percorso complessivo ed i diversi suoi cicli si assemblarono armonicamente l’uno con l’altro; la velocità inattesa dei segni-disegni si fondeva con i grovigli di fili e di corde di telaio e di Geografie. In questo contesto storico il suo lavoro fu molto apprezzato anche a livello internazionale, ed a questi anni risale peraltro l’amicizia personale con lo stilista Antonio Marras. Negli ultimi anni ha vissuto e lavorato nella casa di campagna vicino al paese di Cardedu. Nel 2006 ad Ulassai è stato inaugurato il Museo Stazione dell’Arte, dove sono raccolte una parte considerevole (circa 140 pezzi) delle sue opere. Morì nel 2013.