Margaret Bourke-White
CAMERA – Torino
Fino al 6 Ottobre 2024

di Redazione Spectrum Web
6 Settembre 202479

Dopo il successo delle mostre dedicate alle grandi pioniere della fotografia Eve Arnold e Dorothea Lange, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia offre una nuova esposizione che vede protagonista un’altra grande maestra della fotografia del Novecento: l’americana Margaret Bourke-White.

Dal 14 giugno al 6 ottobre 2024 gli spazi del Centro accoglieranno un percorso espositivo, a cura di Monica Poggi, che attraverso circa centocinquanta fotografie, racconterà il lavoro, la vita straordinaria, l’altissima qualità degli scatti di Bourke-White, capaci di raccontare la complessa esperienza umana sulle pagine di riviste a grande diffusione – di cui la mostra presenta una ricca selezione – superando con determinazione barriere e confini di genere.

Le trasformazioni del mondo, cuore della ricerca della Bourke-White, trovano posto sulla copertina del primo numero della leggendaria rivista Life, si leggono nei suoi iconici ritratti a Stalin e a Gandhi, nei reportage sull’industria americana, nei servizi realizzati durante la Seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, Nord Africa, Italia e Germania, dove documenta l’entrata delle truppe statunitensi a Berlino e gli orrori dei campi di concentramento. Costretta ad abbandonare la fotografia a causa del morbo di Parkinson, dal 1957 Bourke-White si dedicherà alla sua autobiografia, Portrait of Myself, pubblicata nel 1963. Morirà nel 1971 a causa delle complicazioni della malattia.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.

Per info https://camera.to/mostre/margaret-bourke-white-l-opera-1930-1960/ 

 

 

 

© Photo Oscar Graubner/The LIFE Images Collection – Getty Images

 

Margaret Bourke-White (New York 1904 – Stamford 1971)

Nacque nel Bronx da Joseph White, inventore e naturalista, e Minnie Bourke; avviata agli studi di biologia frequentò, ancora studentessa del college, alcuni corsi di fotografia. La carriera professionale inizia nel 1927. All’età di vent’anni iniziò a scattare fotografie industriali. Nel 1929 si compì la svolta professionale. Conobbe Henry Luce, caporedattore di Time, che la invitò a trasferirsi a New York per collaborare alla fondazione di una nuova rivista illustrata: Fortune. Erano gli anni della Grande Depressione e dell’importante campagna fotografica della Farm Security Administration e anche la Bourke-White con il futuro marito, lo scrittore Erskine Caldwell, intraprese un viaggio di ricerca e documentazione sociale nel sud, che sfociò nella pubblicazione del libro You Have Seen Their Faces. La fotografia della Bourke-White fu emblematica sia per i contenuti che per lo stile. Fin dagli inizi, la sua carriera abbracciò la visione moderna tipica di quegli anni, di un mondo dominato dalla fede nel potere della macchina e della tecnologia. Nonostante i suoi viaggi e il rapporto con Fortune, fino al 1936 mantenne un proprio studio, per i lavori industriali e di corporate senza per questo trascurare le diverse possibilità per libri, mostre e lavori indipendenti. Il primo numero della rivista Life, del 23 novembre 1936, utilizzò una sua foto per la copertina. Era uno scatto dei lavori finiti della diga di Fort Peck, nel Montana. Un’immagine che fece il giro del mondo e che segnò un punto di svolta della professione del fotografo nell’universo femminile. Da quel momento Margaret Bourke-White iniziò un’assidua collaborazione con la prestigiosa rivista e coprì reportage dalla Seconda Guerra Mondiale, all’assedio di Mosca, dalla guerra in Corea, alle rivolte sudafricane. D’ora in avanti al fotogiornalismo la Bourke-White dedicherà la maggior parte della sua carriera. Margaret si considerò sempre una fotografa seria e impegnata in un’altrettanto seria missione. Dopo aver scattato le fotografie della Cecoslovacchia invasa dai tedeschi nel 1938, credette che la macchina fotografica potesse salvare la democrazia del mondo: <<sono fermamente convinta che il fascismo non avrebbe preso il potere in Europa se ci fosse stata una stampa veramente libera che potesse informare la gente invece di ingannarla con false promesse>>. Fu con il marito in Russia nel 1941, quando venne invasa dai nazisti (la Bourke-White fu non solo l’unica fotografa americana testimone dell’evento, ma anche la sola fotografa straniera a Mosca). Grazie all’intervento di Roosevelt scattò il primo ritratto non ufficiale di Stalin, anche l’unico per molti anni, con circolazione autorizzata al di fuori dell’URSS. Nel 1943 fu la prima donna ad accompagnare i caccia americani che bombardavano e fotografò quello che fu uno dei più violenti attacchi all’esercito tedesco. A seguito del reggimento americano, fotografò gli assedi della linea gotica (zone di Loiano e Livergnano nell’Appennino Emiliano). Entrò a Buchenwald il giorno dopo la liberazione dei prigionieri e fece parte del gruppo che scoprì, prima ancora dell’esercito, il campo di Erla. Nel 1952 capì per prima i tragici risvolti della guerra di Corea. Perseguendo la sua missione lei stessa divenne leggenda: nel 1937 durante un servizio nell’Artico il suo aereo fece un atterraggio di fortuna e si interruppe per giorni ogni contatto; nel 1942 in navigazione verso il Nord Africa la nave fu silurata nel Mediterraneo e passò una notte e un giorno su una scialuppa di salvataggio. Nel 1953, all’età di 49 anni, le venne diagnosticata la malattia di Parkinson. Quando nel 1959 non fu più in grado di lavorare, si sottopose ad un intervento chirurgico al cervello che fu documentato sui giornali. Da quel momento ridusse drasticamente l’attività di fotografa e si dedicò alla scrittura. L’autobiografia Il mio ritratto, venne pubblicata nel 1963 e fu un bestseller. Dopo una caduta nella sua casa di Darien, nel Connecticut, morì all’età di 67 anni.