Giorgio Morandi e Luigi Ghirri sono stati due artisti per certi versi simili, per altri molto diversi. Più defilato Morandi che ha condotto un’esistenza quasi monacale professando una religione dell’arte molto personale e in controtendenza con i suoi tempi; più al centro della scena artistica Ghirri che ha saputo, con la profondità del suo pensiero e delle sue immagini, imporsi come leader di una “nouvelle vague” fotografica italiana, legata soprattutto al paesaggio.
Data la loro comune origine emiliana, i due sono stati “vicini” per il luogo di nascita, ma lo sono stati ancora di più perché per tutta la vita hanno coerentemente seguito la loro poetica visiva, facendo della “insistenza dello sguardo” il loro modo di essere e operare e hanno aderito, per dirla con le parole di Rilke, “così profondamente al mondo da saper annullarsi con esso”.
Il loro incontro è avvenuto, per immagini, post mortem del pittore che aveva lasciato questa terra nel 1964 e a ridosso dell’improvvisa e prematura dipartita del fotografo del 1992. L’anno prima che tutto finisse, Ghirri, insieme all’amico scrittore Giorgio Messori, aveva visitato, osservato e dato “un’accurata e devota testimonianza” dei luoghi, le case di Bologna e di Grizzana (oggi Grizzana Morandi), in cui il pittore aveva vissuto e operato, conducendo un’esistenza ritirata in quei “pochi spazi d’intimità”, costruiti con lo stesso “equilibrio che Morandi ha sempre cercato nelle composizioni delle sue nature morte”. Questo equilibrio era stato significativamente notato anche dal grande storico dell’arte Cesare Brandi, che spesso aveva avuto occasione e opportunità di incontrare Morandi nella sua casa di Via Fondazza, descritta sinteticamente come un luogo in cui “tutto è modesto, ma tutto è lindo, tutto è lucido di quella lucentezza che ha una storia come la buona educazione, una storia di attenzioni e di rinunzie”.
In questi spazi vissuti da Morandi, intrisi dalle tenui cromie tanto amate da Ghirri e in cui nonostante il tempo trascorso si respira ancora l’odore di una presenza, si è mosso, con la delicatezza dello sguardo che l’ha sempre contraddistinto, il fotografo. Il risultato è stato un corpus d’immagini in cui alla raffinata descrizione degli ambienti – più carichi di “storie” quelli bolognesi, più etereamente essenziali e luminosi quelli grizzanesi – viene associata l’intensa attenzione a quegli “oggetti d’affezione” che da Morandi sono stati ritratti più e più volte nelle sue opere. Nelle immagini di Ghirri domina quindi quello stesso equilibrio sospeso che è sempre stato ricercato da Morandi e che apre a un dialogo serrato tra i due artisti, anche se condotto a distanza di anni e non in presenza. Le immagini contenute in questo ormai rarissimo libro propongono infatti un percorso, quello della lenta e meditabonda “passeggiata” fatta da Ghirri con Messori accanto, in cui il fotografo mostra di essersi preso il tempo giusto per ripercorrere gli oggetti su cui il pittore si era costretto a un prolungato esercizio di pazienza visiva.
Come nota lo stesso Messori è propria di Ghirri, come lo era di Morandi, la capacità di “arrendersi a una sorta di animazione interna delle cose”, che nei quadri del pittore hanno raggiunto l’eternità dello sguardo, nelle immagini del fotografo sembrano staccarsi dai muri per ritornare a rivivere in quegli spazi in cui hanno fatto buona compagnia al loro mentore.
Editore: Contrejour/Palomar (Paris/Bari) – Anno: 1992 – Pagine: 96 – N. Illustrazioni: 40 – Dimensioni: 27×21,2×0,9 cm – Rilegatura: Brossura con sovraccoperta – Testi: Giorgio Messori – Lingua: Francese/Italiano – ISBN: 2859491236