Per scrivere di fotografia sono stati impiegati fiumi di inchiostro, ma nessuno prima di Joel Meyerowitz aveva pensato di parlarne ai ragazzi, scegliendo una formula che si potrebbe definire dinamica ed euristica.
Il fotografo newyorkese, tra i più avanguardisti del XX secolo, ha rivelato un sensibile spirito filantropico con cui parlare ai più giovani senza sottovalutarli, ma sobillandone la curiosità. E lo ha fatto in modo così coinvolgente che la prestigiosa rivista Andersen nel 2018 ha assegnato a questa pubblicazione il premio Miglior libro di divulgazione; sebbene forse meriterebbe anche quello di Miglior libro fatto ad arte per come ne è stata pensata e realizzata la copertina cartonata. Essa è di un giallo squillante e da ambo i lati presenta il traforo di un grande occhio centrale, cui segue quello delle pagine sottostanti, che con colori diversi completano l’immagine di un occhio dall’iride verde.
Quale ragazzo resisterà alla voglia di attraversare con le proprie mani quel breve spazio tra i suoi occhi e le scoperte che potrebbe fare!? Sì, perché la metafora che sottende la lettura di questo libro è già sintetizzata in questo ludico incipit: guardare è attraversare lo spazio, a volte anche con il proprio corpo, prima per imparare a vedere e poi per osare cambiare il mondo circostante, o anche solo noi stessi. La fotografia, dunque, quale demiurga di un bildungsroman per ragazzi? Perché no. Lo stesso Meyerowitz ha dichiarato nell’introduzione che le immagini del libro vogliono mostrare come ogni fotografo ha trovato il suo personale modo per “rendere visibile ciò che altrimenti è nascosto: la bellezza e il significato delle cose”.
A un’attenta analisi della struttura grafica di questo libro, ciò che salta subito agli occhi nei commenti alle foto è la scelta di usare sempre lo stesso font, ma con dimensioni diverse, così da far risaltare parole chiavi o concetti pregnanti quasi come in un albo illustrato. Apre la ben ponderata sequenza di trenta foto – in bianconero e a colori – e di altrettanti fotografi, la famosa Dietro la Gare Saint-Lazare di Henri Cartier-Bresson. Con essa la poesia dell’immagine si fa subito corpo con le sue figure retoriche e le sue simbologie. Seguono le riflessioni sull’atteggiamento da carpe diem di Atget, le geometrie di Eugene Richards, quelle fatte anche di “assenze”, il narrare per sommativa di dettagli di Bruce Davidson, l’ironia di Erwitt e Parr, un leviniano ritratto di Strand, la riflessione sul “doppio” attraverso l’ombra con Lee Friedlander e Thomas Roma e tanto altro ancora, fino a giungere alla foto di chiusura: Lella di Boubat. La fiera e giovane donna si staglia davanti ai nostri occhi quale metafora del proiettarsi verso il futuro e il cambiamento. È questo, infatti, il momento in cui ci si augura che i ragazzi, e non solo, abbiano inteso l’intimo significato di questa operazione editoriale: educare lo sguardo per mettersi in discussione in modo riflessivo, pratica che l’umanità dovrebbe accogliere ad ogni età, così da non abbandonare mai la strada su cui cogliere la molteplice poliedricità del mondo.
Editore: Contrasto (Roma) – Anno 2017 – Pagine: 68 – Dimensioni: 29×21,5×1 cm – Rilegatura: Cartonata – Testi: Joel Meyerowitz – ISBN: 978-88-6965-722-1