Jacopo Benassi
GAM – Torino
Fino all’1 Settembre 2024

di Redazione Spectrum Web
21 Agosto 202486

© Jacopo Benassi

 

Fino all’1 Settembre alla GAM di Torino sarà possibile visitare la mostra Autoritratto Criminale di Jacopo Benassi. L’esposizione nasce dall’arrivo in collezione dell’opera Panorama di La Spezia (2022), acquisita per le collezioni del Museo dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

L’opera acquisita è un autoritratto in cui l’artista non compare mai, così come non compare la presenza umana. Appaiono invece foto di piante scattate nel buio della notte ai giardini pubblici, piante che coprono, almeno parzialmente, alcuni panorami della città ligure dipinti con vago sapore ottocentesco. Foto e tele sovrapposte, tenute insieme da grosse cinghie, sono appese a due pareti di cartongesso che per un po’ sono servite da studio temporaneo a Benassi, mentre preparava una sua esposizione proprio a La Spezia, sua città natale.

A partire da quell’occasione l’opera di Benassi si è progressivamente spostata dalla fotografia a uno spazio d’ombra compreso tra foto e dipinti, tra foto e calchi in gesso. Il suo lavoro fotografico, sviluppatosi sotto il segno del contrasto tra il buio di fondo e la luce del flash sparata impietosamente addosso a ogni soggetto, ha momentaneamente scelto come suo luogo d’elezione e nascondimento la parte non visibile delle cose, quella che resta custodita o prigioniera tra una cornice e l’altra, tra un’immagine e l’altra, quello che si può solo immaginare o desiderare.

Dietro all’installazione di Panorama di La Spezia, usata come fosse un paravento, compare Serie di ritratti appesi (2024), realizzata appositamente per la mostra, un’opera che porta alle estreme conseguenze il processo di cancellazione, presentando sospeso nel vuoto un pesante sandwich di cornici di cui si vedono solo due retri. Sono ritratti fotografici di personaggi famosi (Valentino, Nan Goldin, John Wayne, Biancaneve, Ando Gilardi) frammisti a qualche autoritratto, tutti condannati all’invisibilità e così paradossalmente riattivati da Benassi nella loro capacità di essere immagini, di avere nuovo potere evocativo per via di negazione.

Tra gli autoritratti nascosti c’è anche quello scelto per la comunicazione della mostra in cui Jacopo Benassi ci guarda da dietro la lunga frangetta di una pettinatura da donna e sotto quello sguardo fisso ci troviamo a interrogarci sul crudo sapore di verità che può avere un travestimento. Un mascheramento veritiero e una mascherata verità e ciò che può essere la fotografia, accolta in principio come evidenza di realtà e rivelatasi poi, nella sua ormai lunga storia, pronta a mille capovolte tra attendibilità e finzione. Si tratta in qualche modo di un autoritratto criminale, non solo perché potrebbe idealmente appartenere alla triste tradizione che voleva i travestiti, fino a pochi decenni fa, effettivamente schedati e fotografati, ma anche perché presenta i codici tipici dei ritratti segnaletici che Benassi mette in gioco in quella immagine e in molte altre, sin dai suoi inizi, grazie all’insegnamento di Sergio Fregoso e alla lettura di Wanted! di Ando Gilardi, sillabario di estetica della fotografia giudiziaria.

 

 

Jacopo Benassi (La Spezia 1970)

È tra i più grandi artisti italiani delle ultime generazioni. Negli anni ha esposto in Italia e all’estero in importanti musei e gallerie private. Ha collaborato con intellettuali di prim’ordine e personalità della cultura come il regista Paolo Sorrentino, Asia Argento, Maurizio Maggiani, con cui ha creato libri e progetti di vario genere. Il suo lavoro spazia dalla fotografia, suo medium di elezione, alla scultura fino all’installazione, passando per l’attività editoriale. Negli ultimi anni ha lavorato con la performance, creando spettacoli presentati in numerosi festival. Salvo brevi periodi, ha sempre mantenuto il suo studio a La Spezia. Recentemente Benassi è impegnato anche come docente presso università prestigiose come lo IUAV di Venezia e la NABA di Milano. Negli anni ha sviluppato uno stile personale, dove la profondità di campo viene annullata e la luce del flash diviene una firma, un limite stilistico che Benassi si autoimpone per arrivare a una fotografia cruda e priva di mediazioni. I soggetti fotografati sono i più disparati, un’umanità varia che si muove dalla cultura underground e musicale internazionale – a partire dall’esperienza del club B-Tomic, gestito a La Spezia dallo stesso fotografo assieme ad alcuni amici – ai ritratti di modelle, attrici, artisti, stilisti pubblicati in alcune delle più importanti riviste italiane, fino all’indagine sul corpo, spaziando dall’autoritratto, alla documentazione di incontri sessuali, alla statuaria antica.