Alla GAM di Torino è in corso un’esposizione, aperta fino all’1 Settembre, dedicata ad alcuni fotografi che hanno saputo restituire i molteplici aspetti dell’arte e ritrarne nel senso più ampio i suoi paesaggi composti di opere e architetture, del volto degli artisti e dei loro momenti di lavoro nello studio o nel paesaggio naturale.
L’esposizione è parte di Expanded, il percorso di rilettura in tre capitoli della Collezione fotografica della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, che prende vita in occasione del festival internazionale EXPOSED. Torino Foto Festival. Il progetto si completa con Expanded Without, alle OGR, ed Expanded with, nelle sale del Castello di Rivoli.
Grazie al sostegno di Strategia Fotografia 2023, bando promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, la GAM ha potuto rinnovare il proprio impegno collezionistico acquisendo ventidue fotografie di Gianfranco Gorgoni, realizzate tra il 1970 e il 1974. Le foto sono dedicate alle diverse fasi di realizzazione dell’opera Spiral Jetty di Robert Smithson, di opere di Michael Heizer, oltre che ad alcuni ritratti di artisti come Bruce Nauman, Dan Flavin, Agnes Martin ed Ellsworth Kelly.
Le immagini di Gorgoni, la forza ipnotica dei suoi scatti in volo sopra lo Spiral Jetty, entrando a far parte della collezione, hanno permesso, come in un virtuoso spin-off, di rileggere lo sguardo fotografico sull’arte attraverso la continua emersione di un desiderio di vertigine. Un desiderio presente sin dai primi scatti fatti da fotografi come Nadar e, poco più tardi, come Mario Gabinio, salendo su palloni aerostatici per catturare dall’alto la bellezza delle loro città e accogliere all’interno della griglia prospettica la vitale deformazione della convessità del mondo e il disassamento dal piano dell’orizzonte.
La più vertiginosa immagine della storia della fotografia è uno scatto dell’immaginario di uno dei più importanti fotografi del Novecento: Luigi Ghirri, davanti a una delle prime immagini della Terra vista dalla Luna, scorgere al suo interno tutte le immagini della storia artistica, una dentro l’altra, telescopicamente inabissate, “graffiti, affreschi, dipinti, scritture, fotografie, libri, film. – scrisse – Contemporaneamente la rappresentazione del mondo e tutte le rappresentazioni del mondo in una volta sola.”
Mentre Gorgoni occupa il centro dell’esposizione, in un continuo moto circolare di avvitamento nello spazio, le opere di Ghirri sono dislocate in diversi momenti, a segnare, in dialogo con gli altri autori, i molteplici aspetti della vertigine che la fotografia crea ponendosi in relazione con l’arte e facendosi rappresentazione delle rappresentazioni artistiche. Ogniqualvolta colloca il proprio cavalletto di fronte all’arte la fotografia è vertigine del doppio, perché è visione che fronteggia una visione. Non si tratta in questo caso del Combattimento per un’immagine, ma del raddoppiamento del suo potere, dell’abbraccio di uno sguardo che si pone di fronte allo spazio di interminati significati contenuto nell’opera d’arte e, producendone una rappresentazione, si fa infinito anch’esso.
Le opere in mostra sono tutte parte di una lunga storia collezionistica che ha arricchito nel tempo i fondi del museo, tra i quali si conservano esemplari di assoluto valore storico come il dagherrotipo della chiesa della Gran Madre di Dio realizzato da Enrico Federico Jest nel 1839, e dell’Archivio Fotografico della Fondazione Torino Musei da cui provengono le stampe di Mario Gabinio, prodotte tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Le raccolte della GAM si accrebbero nei primi anni duemila, sotto la direzione di Pier Giovanni Castagnoli e grazie ai fondi della Città di Torino, con i quali il museo poté, non soltanto dare estesa rappresentazione nelle proprie raccolte dell’opera dei più importanti fotografi italiani del secondo Novecento, ma anche commissionare un’ampia ricognizione e reinterpretazione dei valori paesistici della città, tra cui, in mostra, alcuni scatti di Gabriele Basilico, Olivo Barbieri e Armin Linke. Negli stessi anni le collezioni di fotografia hanno conosciuto un’ulteriore importante addizione grazie alla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Tra queste, in esposizione, oltre alle opere di Ghirri, numerose fotografie di Ugo Mulas, Mimmo Jodice, Aurelio Amendola e Claudio Abate.
La mostra presenta inoltre un’opera realizzata da Jacopo Benassi specificamente per l’occasione: Paesaggio di un paesaggio in un paesaggio. “Il titolo è già una vertigine – scrive Volpato – un affondo che ha l’inesorabilità di una caduta. Benassi, invitato a scattare alcune foto all’interno dei depositi della GAM, ha scelto di ritagliare le proprie inquadrature dentro alcuni cieli di dipinti ottocenteschi, e da un punto di vista talmente ravvicinato che la pellicola pittorica ha assunto presenza di epidermide. Privi di coordinate compositive, senza alcun sentore di dove cadesse la loro linea d’orizzonte, diventano immensi e romanticamente moderni. Benassi ha fatto dei suoi due scatti una scultura su ruote, svincolandosi dalle coordinate rassicuranti della parete e lasciando che l’opera porti in giro per lo spazio la propria indefinita alterità rispetto a ogni predeterminata idea di fotografia e di arte.”
La mostra è accompagnata dalla pubblicazione Paesaggi dell’arte. Vertigini 1839-2024.
Per info https://www.gamtorino.it/it/mostre-eventi/in-corso/