Enzo Sellerio
Loggiato San Bartolomeo – Palermo
Fino al 31 Luglio 2024

di Redazione Spectrum Web
26 Luglio 2024184

Prosegue l’anno di celebrazioni per il centenario della nascita di Enzo Sellerio con una mostra dedicata ai bambini siciliani che presenta in anteprima quarantacinque dei suoi scatti più iconici insieme ad altrettanti inediti tratti dall’archivio del fotografo-editore siciliano.

Curata da Olivia Sellerio e Sergio Troisi, prodotta da Sellerio editore in collaborazione con Fondazione Sant’Elia della Città Metropolitana di Palermo, la mostra Bambini di Sicilia sarà visitabile fino al 31 luglio.

“Bambini che giocano sognando di essere adulti – scrive Monica Maffioli – giovani venditori ambulanti e garzoni di bottega; bambini che ogni giorno animano con i loro giochi immaginari le strade delle contrade agricole come delle grandi città; bambini attori e spettatori che scrutano incuriositi ciò che avviene oltre il ristretto perimetro degli spazi familiari, dentro e fuori le mura di casa. Sono loro ad attirar l’interesse di Enzo Sellerio, figure assidue nelle sue inquadrature fotografiche, a volte soggetti marginali rispetto alla scena ripresa, ma sempre presenze narranti storie di vita, testimoni del tempo degli adulti nel quale si rispecchiano auspicando orizzonti di riscatto. In ‘un difficile equilibrio tra la parola e la cosa, tra il significato e il significante, tra l’informazione e l’espressione, tra la storia e la poesia’, come ha detto Vincenzo Consolo, Enzo Sellerio interpreta la realtà con la sagacia dell’uomo di cultura capace di cogliere, in alcuni casi, gli aspetti ironici presenti negli sguardi e nell’agire dei bambini, privi di condizionamenti sociali. Nelle strade di polvere e fango delle campagne o in quelle lastricate delle città, scopre nei loro occhi paura, incoscienza, speranza, desiderio di avventure e di conquiste, intravedendo l’energia di una nuova generazione che avrà il difficile mandato di ridurre quelle diseguaglianze sociali e culturali che per molto tempo hanno condizionato la percezione identitaria e visiva dell’isola. Le opere qui esposte, tra le quali moltissime inedite, offrono al pubblico una nuova prospettiva di lettura dello straordinario sguardo di Enzo Sellerio, arguto e ineguagliabile interprete della fotografia italiana del Novecento”.

Scrive Sergio Troisi: “nella sospensione del tempo feriale che è alla base del gioco come del rito e del teatro, Sellerio riconosceva il valore della grazia e della bellezza, così come afferma Johan Huizinga in Homo ludens: il gioco non come esorcismo, ma come precipitato della vita e manifestazione di libertà: ‘Ogni gioco, scrive il filosofo, è anzitutto e soprattutto un atto libero’. Difficilmente, insomma, il dramma abita queste fotografie, sebbene la grande miseria antica della Sicilia del dopoguerra (che comunque affiora spesso, anche se non è il tema centrale) offrisse in tale direzione spunti numerosi, spesso infatti i bambini ritratti da Sellerio rivolgono a chi li ha sorpresi uno sguardo franco, divertito, persino allegro, anche quando si affacciano dalle misere casupole”.

Con queste parole nel 2007 Enzo Sellerio salutava i visitatori di una mostra sui bambini a Tel Aviv: <<Una mostra che voglia dare insieme un’idea del mio lavoro e nello stesso tempo della Sicilia di mezzo secolo fa, quando fotografavo a tempo pieno, non può avere un argomento migliore di quello dei bambini. I bambini sono uno specchio dei tempi. Quando fotografavo, dilagavano per le strade, lavorando, giocando, o importunando il prossimo, occupazione preferita. Oggi la motorizzazione ha rubato lo spazio ai bambini. Li si possono incontrare solo quando vanno a scuola con i loro zainetti firmati, accompagnati dalle madri. Per il resto stanno a casa. D’altra parte i nostri bambini elettronici non risentono molto di questa cattività. Rimangono davanti al televisore, al computer o a quei giochi diabolici nei quali sono così bravi>>.

“Nostro padre – racconta Olivia Sellerio – diceva che la macchina fotografica, se in buone mani, è il più bel giocattolo del mondo, e ci ha insegnato che l’ironia, in apparenza un modo scherzoso di affrontare la vita, è, viceversa, il più serio: vede di una cosa i lati contrari, mette in contrapposizione un aspetto e il contrario che implica. Ed è forse per via di questa disposizione d’animo, per la vocazione narrativa, critica ma insieme ludica del suo sguardo affettuoso, che i bambini e il loro universo sono presenze costanti e predilette nelle sue fotografie; la speciale e tacita intesa che riusciva a instaurare con i piccoli, la capacità di coglierne l’essenza e restituirla nel suo racconto per immagini, che è anche struggente testimonianza di un’epoca, ci regala un tesoro nel tesoro del suo archivio. Perciò – aggiunge – con mio fratello Antonio siamo felici di riunire oggi questi suoi bambini ed è bello e commovente che ad ospitarli sia proprio il Loggiato di San Bartolomeo, che per più di cent’anni e fino alla guerra fu casa degli orfani e dei bambini abbandonati, che siano le sue mura alla punta estrema del Cassaro, prima strada della città e culla della giovane Palermo, e siano proprio le sue stanze ad accogliere questo formidabile popolo di bambini e ragazzi, memoria e sentimento di un tempo; proprio le logge del Museo, le sue clamorose finestre, a illuminare queste 90 fotografie, pagine del suo racconto potente di un decennio del secolo scorso, restituendo luce agli inediti e permettendo ai visitatori di accogliere il suo sguardo nel proprio, il suo sentimento per le cose e i bambini di Sicilia, e per gli altri”.

Per info https://www.fondazionesantelia.it/bambini-di-sicilia-sellerio/

 

 

 

Enzo Sellerio (Palermo 1924-2012)

Nato all’interno di una famiglia colta e cosmopolita – il padre, fisico dell’università, la madre ebrea russa docente della sua lingua nell’ateneo palermitano – si forma negli anni ferventi della Sicilia liberata e del dopoguerra. Laureato a vent’anni in Giurisprudenza, nominato a ventitrè assistente di Diritto Pubblico alla Facoltà di Economia e Commercio di Palermo, incarico che svolgerà a lungo, è presto distratto dalla scoperta della fotografia come mezzo di informazione, di denuncia sociale e narrazione poetica. Si dedica per un certo tempo alla politica; dopo una breve esperienza giornalistica, nel 1952, sollecitato dall’amico Bruno Caruso, partecipa a un concorso fotografico regionale, che vince. Incoraggiato da questa importante conferma d’esordio e dall’apprezzamento ricevuto dalle prime fotografie pubblicate sulla rivista Sicilia, periodico di livello europeo ideato da Caruso, comincia ad affrontare la fotografia in modo professionale. Nel 1955 realizza, tra impegno sociale e ricerca formale, il suo primo reportage: Borgo di Dio, pubblicato nei fotodocumentari di Cinema Nuovo e considerato oggi uno dei capolavori della fotografia neorealista italiana. Nel pieno diffondersi della stampa illustrata inizia a collaborare come reporter con Il Mondo di Pannunzio e Il Borghese di Longanesi, tra i più importanti periodici dell’epoca, mentre le prime personali, all’Obelisco di Roma nel 1956, alla Bussola di Torino nel 1957 e alla Triennale di Milano nel 1960, dove espone su invito di Lamberto Vitali, contribuiscono alla sua notorietà nel resto d’Italia. La provincia, che affina il senso critico, gli permette una formazione colta e personale e un approccio che segnerà tutta la sua opera, il suo rapporto con la violenza e la ferocia, prepotentissime in Sicilia. Il suo stile – dirà Consolo – «si regge sul difficile equilibrio tra la parola e la cosa, tra il significato e il significante, tra l’informazione e l’espressione; tra la storia e la poesia, infine. Non c’è la violenza, non c’è la lupara. Ma c’è l’umano, il troppo umano. C’è amore, pietas, verso tutte le creature ritratte». A lavori di tipo fotogiornalistico affianca quelli di carattere documentario, come la compilazione di un rilievo illustrato integrale delle decorazioni a mosaico del Duomo di Monreale, opera di microscopica precisione e difficoltà realizzative che lo vede impegnato per un anno a fotografare su altissimi ponteggi allestiti all’interno del Duomo, impresa che definirà suo «servizio militare» e perfezionerà in modo completo la sua tecnica. Nel 1961 la rivista svizzera du gli commissiona un ritratto del capoluogo siciliano che pubblica in un numero monografico dedicato alla città: Palermo. Portrait einer Stadt, è il primo successo internazionale, sancito da un altro ampio reportage sui paesi dell’Etna che apparirà l’anno successivo nel numero di Natale della stessa rivista. Si aprono così per Sellerio le porte della fotografia mondiale: è chiamato a far parte, unico italiano, del EMP, European Magazine Photographers, associazione di Colonia che ha come scopo la promozione della fotografia d’autore e l’incontro tra i più importanti fotografi del continente; la ZDF, neonata rete televisiva nazionale tedesca, lo invita a partecipare a un progetto sulla vita quotidiana in Germania, tratto dalle sue fotografie e da quelle di Hiroshi Hamaya e Will McBride; intraprende inoltre nuove collaborazioni con altre tra le maggiori riviste internazionali quali Vogue e Fortune, che tra il 1965 e il 1966 lo porteranno nelle grandi metropoli, Parigi, e soprattutto New York; qui, al leggendario Chelsea Hotel – l’anima più eclettica di New York, ritrovo di intellettuali e artisti – dove alloggia, entra in relazione con alcuni tra i più importanti protagonisti della scena culturale dell’epoca, ritraendoli per il periodico americano e per proprio conto; la sua popolosa galleria è abitata fra gli altri dai ritratti di Arthur Miller, Christo, Robert Rauschenberg, Virgil Thomson, Henri Tisot, Ben Shahn, Jules Feiffer, Saul Steinberg; degli italiani Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Claudia Cardinale, Elio Vittorini, Giacomo Manzù; e dei tanti siciliani Ignazio Buttitta, Leonardo Sciascia, Gioacchino Lanza Tomasi, Lucio Piccolo. Si avvicina all’attività editoriale nel 1967 collaborando a una collana promossa dall’ARS, e nel 1968, con Gioacchino Lanza Tomasi, autore dei testi, cura una serie di supplementi per la rivista Cronache Parlamentari, dedicati alle sedi del potere ecclesiastico e secolare, raccogliendoli poi in un volume unico pubblicato in proprio col titolo di Castelli e monasteri siciliani. Da qui decide di dedicarsi all’editoria e l’anno seguente – insieme alla moglie Elvira Giorgianni – fonda la casa editrice Sellerio. A confermare un’irripetibile vocazione al racconto che in molti, intanto impegnati a studiarne l’opera, concordano nel definire di «uno scrittore per immagini», con gusto rigoroso – lo sguardo del fotografo nell’occhio dell’editore –, progetta e cura i libri d’arte e fotografia della casa, pensandoli in funzione delle immagini, e inventa la grafica di tutte le collane, e tra tutte, La memoria, la collana blu, caratterizzando decisamente l’immagine che tanto ha contribuito alla fortuna della sua impresa. È anche grande collezionista: a quello che definisce il suo «terzo mestiere», si devono alcuni tra i più bei volumi illustrati realizzati in Italia negli ultimi anni, nati proprio da una sua idea, dalla sua passione per l’antiquariato, dalle sue scoperte, dalle sue collezioni di arti minori. Fino alla fine ha sostenuto con grandissimo impegno la salvaguardia del patrimonio artistico, non solo fotografico, non solo siciliano. Pur concedendosi qualche deroga – alcuni servizi fotografici e rare incursioni nel colore – l’editoria diventerà nel tempo la sua attività principale, e lo sarà per quarant’anni, fino agli ultimi giorni, ma le sue fotografie continuano, oggi come allora, a girare il Paese e il mondo con esposizioni personali e collettive nelle più prestigiose gallerie in Italia e all’estero, tra le pagine dei volumi monografici a lui dedicati, in antologie di grande formato, nelle copertine dei tanti editori europei che scelgono il suo sguardo sulle cose e sugli altri per i propri libri. La traccia da lui segnata rimane unica, il suo racconto inconfondibile, nel panorama dell’editoria contemporanea e nella storia della fotografia italiana.