© Domenico Santonocito
Chi conosce bene Domenico Santonocito sa quale sia la sua passione monolitica e monografica per la musica jazz. A quelli che non sono sufficientemente edotti in materia, basterebbe solo una promenade attraverso le centinaia di CD che possiede e che ascolta con attenzione, grazie alla preziosa mediazione del suo formidabile impianto hi-fi.
Coerentemente con l’articolato sistema delle passioni di Domenico, all’ascolto domestico e alla ripetuta frequentazione di teatri e jazz house sconosciute ai più, s’è presto affiancata un’altra sua passione: la fotografia.
Lunga è infatti la serie di artisti internazionali ripresi dal fotografo catanese, membro effettivo e attivo dell’AFIJ (Associazione Fotografi Italiani di Jazz) e l’elemento accomunante di molta di questa ampia produzione d’immagini è la ricerca meticolosa e raffinata del gesto, dell’espressione, del momento emblematico.
È banale osservare che attraverso le immagini la musica non si possa sentire, ma è evidente che essa prenda forma in altra effigie: quella dei contorni di luce. La luce usata da Santonocito, però, non è quella misurata e gestibile di uno studio fotografico, ma quella occasionale e complessa del palcoscenico, su cui il fotografo non esercita alcun potere, se non quello di trovare, lui, la giusta posizione di ripresa, rispetto a un sistema messo in atto da altri.
La fotografia di Enrico Rava, che prendiamo ad esempio di questa serie d’immagini, è uno scatto del tutto particolare, ma che dice molto dell’attenzione che il fotografo dedica ai suoi soggetti.
Il musicista triestino viene colto in un momento in cui non sta suonando, ma appare assorto nell’ascolto silenzioso della sua tromba. La tiene in mano e l’appoggia all’orecchio quasi a voler percepire le sue vibrazioni, che si materializzano in due riflessi di luce che connettono idealmente i due protagonisti. Gli occhi sono chiusi, l’atmosfera è sospesa e il tutto è significativamente racchiuso in uno scatto di forma quadrata, molto usato dal fotografo, che concentra l’attenzione in maniera assoluta sul soggetto.
Rava appare in trappola, catturato dallo sguardo di Santonocito, non ha via di fuga, ma lui sembra incurante di ciò, perfettamente a suo agio con il suo alter ego in mano, con cui cerca un dialogo intimo, un momento sospeso alla ricerca dell’anima di quel dispositivo sonante.
L’equilibrio degli elementi è talmente perfetto da poter far pensare a una fotografia posata, ma così non è. Il protagonista è on stage, colto in un momento in cui si concentra sulle note che dovrà suonare di lì a poco. Frazioni di secondo che ci restituiscono un’immagine inedita e originale, che travalica la ripetitività dei possibili gesti di un musicista sul palco. La sensazione armonica di questo scatto è amplificata dall’uso sapiente del bianconero, che proprio per Rava, uomo dalla folta capigliatura bianca, appare l’unica scelta possibile, facendolo emergere dallo sfondo nero del palco per venire incontro a noi, non solo con la sua musica, ma anche con la sua paradigmatica presenza.