Ultimi giorni per visitare la mostra Crossing the line di Loredana Longo, esposta fino al 10 Novembre presso Villa Rospigliosi a Prato. Organizzata da ChorAsis – lo spazio della visione e curata da Irene Biolchini, la mostra presenta una rielaborazione dei temi portanti della ricerca artistica della Longo: la distruzione come risorsa creativa; la sconfitta e la vittoria come volti inseparabili della stessa violenza; la necessità di superare il limite, di varcare un confine (fisico o mentale).
Negli spazi di Villa Rospigliosi l’artista costruisce un percorso attraverso una molteplicità di materiali e linguaggi, dal video alla performance, dalla scultura all’installazione. L’azione distruttrice rimane come testimonianza nei materiali che l’artista adotta: colli di bottiglia, scarpe chiodate, piastrelle di cemento sconnesse. La violenza suggerita da ciascuno di questi elementi viene messa in dialogo con la parola Vittoria, da anni al centro delle sue ricerche. «Victory è una parola che ho utilizzato dal 2016, quando vidi un’immagine in televisione che mi toccò molto. Un jiahdista era in piedi su un pezzo di colonna di un tempio a Palmira, distrutto dalle bombe, felicemente sfoggiava un sorriso, il braccio alzato e le dita in segno di vittoria. Il marmo è stato il primo materiale con il quale ho realizzato il mio primo Victory, poi negli anni declinato in diversi progetti. Purtroppo, la storia non ha mai contraddetto questa mia banale provocazione». La rovina e la distruzione sono il punto di partenza per la creazione, per rielaborare ciò che la violenza e lo scontro lasciano: un paesaggio devastato e precario. Non interessano più i martiri, né gli eroi ma i testimoni, coloro che rimangono, chiamati a reagire, a immaginare nuove forme dai resti di ciò che era.
Ecco allora che i protagonisti del video Victory, un gruppo di giovani ragazzi chiamati allo scontro, diventano il controcanto dell’azione performativa dell’artista: la vittoria è calpestata della violenza del confronto. In anni di polarizzazione progressiva del dibattito, in cui anche concetti e posizioni complesse vengono spesso ricondotte a due fronti, l’artista mette in scena la battaglia, spostando l’attenzione non sulla forza dello scontro, ma sull’effetto distruttivo dello stesso. Lo spettatore si trova così obbligato a confrontarsi con i temi della vittoria e della sconfitta o, meglio, all’impossibilità di ignorare i vinti e le macerie che sempre accompagnano ogni vittoria.
Loredana Longo (Catania 1967)
Ha conseguito il diploma in lingue straniere e il Diploma di Laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Catania. Artista poliedrica, utilizza svariate tecniche e materiali per realizzare le sue opere, che sono principalmente costituite da installazioni site specific, sculture, performance, documentazioni fotografiche e video. La sua ricerca si può sintetizzare in quella che l’artista definisce “estetica della distruzione”, un insieme di visioni, spesso provocatorie, in cui distrugge e ricostruisce i suoi soggetti, creando opere molto suggestive e scenografiche. Nota soprattutto per una serie di lavori chiamati Explosion, in cui l’artista costruisce dei veri e propri set teatrali che poi distrugge tramite un’esplosione per poi ricostruire tutto, lasciando parti incomplete che testimonino l’avvenuto, l’intero processo è inoltre documentato da un video proiettato accanto alla scena dell’esplosione. Le Explosion, sono state presentate in diverse manifestazioni, teatrali, museali e gallerie private. Nella serie Floor, costruisce enormi pavimenti in cemento, lavorando sul tema del cemento impoverito, ogni mattonella è costituita da calcestruzzo in cui emergono materiali che testimoniano metaforicamente il soggetto al quale l’artista si sta dedicando. Nel suo primo Floor ha affogato abiti di lavoratori di tre colori, verde, bianco e rosso, creando un pavimento / bandiera sul quale il pubblico era costretto a camminare. Il suo soggetto preferito rimane il fuoco con il quale lavora ogni materia, che sia esplosione, come nelle ultime ceramiche o bruciature come nei suoi Victory, tessuti in velluto in cui l’artista brucia con un saldatore elettrico immagini che ruba da internet. La scritta Victory diventa una provocazione, le immagini rappresentano spesso situazioni drammatiche o di interesse sociale e politico. Nei suoi Carpet preziosi tappeti orientali, brucia sul manto scritte di politici occidentali, creando una sorta di collezione di preziosi aforismi. La capacità con la quale utilizza molteplici materiali e tecniche, costituisce sicuramente la prerogativa fondamentale di quest’artista, che ama lavorare sulle grandi dimensioni, non tralasciando mai i particolari. Negli ultimi anni è stata protagonista di workshop come Art & Social Change alla Gam di Palermo e l’Arte della Libertà presso il Carcere Ucciardone sempre a Palermo.