La personale Apparitions di Rogen Ballen, esposta fino al 20 Novembre presso lo Spazio Eventi della Libreria La Toletta a Venezia, segna il ritorno in laguna, dopo essere stata esposta all’interno del Padiglione del Sudafrica alla Biennale Arte 2022, di The Theatre of Apparitions, l’opera sperimentale che Roger Ballen ha realizzato insieme alla sua direttrice artistica Marguerite Rossouw.
La serie di opere scelte consiste in una selezione di sedici fotografie che “appaiono” all’interno della storica Libreria Toletta, sottolineate visivamente dal light design ad alta definizione, che le fa emergere all’interno di uno spazio caratterizzato da libri e scaffalature.
La qualità immersiva dell’esposizione è esaltata dalla colonna sonora della compositrice sudafricana Cobi van Tonder che, con l’opera site-specific Cross the Abyss crea un dialogo con le “apparizioni fotografiche” sospese nell’oscurità.
Le Apparitions veneziane sono tratte da fotografie scattate tra il 2005 e il 2013, quando Ballen ha ricreato sulle finestre di un edificio di Johannesburg una fantasmagorica serie iconografica ottenuta fissando fluidi iridescenti e concrezioni sottilmente granulose sul fondo di vetro annerito, per mezzo di tecniche miste: vernice a spruzzo, resine epossidiche, emulsioni e pennelli. Dai depositi materici l’artista ricava forme archetipali, ectoplasmiche e oltremondane provenienti direttamente dalla camera oscura del proprio subconscio.
Lo stesso Ballen afferma: <<Nel periodo in cui lavoravamo a queste immagini, procedevamo sperimentando nuovi territori. Andando per tentativi e utilizzando diverse tecniche, e infine siamo riusciti a determinare un metodo di ricerca che ci ha dato la chiave d’accesso all’immaginario di una nuova dimensione. Quest’ultimo è stato assimilato ai dipinti delle caverne preistoriche, dove venivano raffigurati pensieri ed emozioni. Le forme raramente erano frutto di un disegno, ma invece risultavano da un processo spontaneo in cui la scelta dei materiali talvolta dava esiti magici e altrimenti inconcepibili. Queste figurazioni hanno in comune una completa assenza di consapevolezza e sono tutte nate da ciò che è insopportabile, inaccettabile e anche solo impensabile>>.
© Marguerite Rossouw
Roger Ballen (New York 1950)
È un artista e fotografo statunitense naturalizzato sudafricano. Figlio di Adrienne Miller, impiegata presso la Magnum Photos, Ballen inizia ad interessarsi alla fotografia dopo essere stato influenzato dalle immagini di Kertesz, Steichen, Strand, Erwitt, Davidson e Cartier-Bresson. All’età di 13 anni gli fu regalata la sua prima macchina fotografica e subito dopo è stato impiegato per un primo lavoro commerciale per la catena Mc Donald’s. Interessato al realismo di Rembrandt fin dalla giovane età, era più propenso a fotografare uomini anziani. Successivamente studiò psicologia a Berkeley, dove conobbe il movimento antipsichiatrico di Laing, il concetto di “inconscio collettivo” di Jung, il teatro dell’assurdo di Pinter, Beckett e Ionesco e il pensiero dei filosofi esistenzialisti, come Sartre e Heidegger. La sua carriera è iniziata nel campo della fotografia documentaria, ma si è evoluta nella creazione di immagini che integrano i linguaggi del cinema, dell’installazione, del teatro, della scultura, della pittura e del disegno. Le sue opere vengono descritte come psicodrammi esistenziali che arrivano a toccare il subconscio. Durante l’estate del 1969, scattò diverse fotografie in occasione del festival di Woodstock, una serie pubblicata poi sul New York Times solamente nel 2019, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’iconico festival musicale. Ballen dichiarò che catturare i momenti di Woodstock ha avuto un ruolo fondamentale per conoscere l’esperienza umana, cogliere il momento, lavorare con le persone, cercare in circostanze difficili qualcosa che si distinguesse. Dopo la morte di sua madre nel 1973, come molti esponenti della controcultura, sviluppò un desiderio esistenziale in risposta all’avversione al materialismo della società occidentale. Ha trascorso i successivi cinque mesi come studente d’arte della League of New York, dove realizzò dipinti ispirati all’art brut. Nell’autunno del 1973, desideroso di trovare il “cuore di oscurità” di Conrad e il nirvana orientale, partì per un viaggio di cinque anni che lo avrebbe portato via terra dal Cairo fino a Città del Capo e da Istanbul alla Nuova Guinea. In questo viaggio ha continuato a coltivare un interesse costante nel fotografare uomini enigmatici sullo sfondo delle superfici drammatiche di santuari, templi e mercati. Iniziò anche una serie di “fotografie sul campo” di strade, sentieri di terra o muri e sviluppò un interesse nell’osservazione della vita dei ragazzi. Disilluso dall’idea della fotografia commerciale, Ballen si iscrisse alla Colorado School of Mines nel 1978, dove conseguì un dottorato in economia mineraria nel 1981. Si stabilì definitivamente a Johannesburg nel 1982, dove lavorò come imprenditore minerario autonomo fino al 2010. Questa professione lo ha portato nella campagna sudafricana in cui ha viaggiato in piccoli villaggi remoti chiamati dorps e aree rurali denominate platteland, in cui ha fotografato i bianchi emarginati che un tempo erano privilegiati dall’apartheid, ma che sono adesso isolati ed economicamente svantaggiati. Durante questo periodo ha lavorato a stretto contatto con il suo maestro tipografo Dennis da Silva e dal 2007 lavora a stretto contatto con la sua direttrice artistica Marguerite Rossouw. Nel 2008 ha dato vita alla Fondazione Roger Ballen, per promuovere il progresso dell’educazione alla fotografia in Africa. Nel 2018 ha ricevuto un dottorato onorario in arte e design dall’Università di Kingston.