Con oltre duecento fotografie proposte, la mostra triestina di Sebastiao Salgado, in esposizione fino al 13 Ottobre, si sviluppa attorno a due grandi temi: le fotografie di ambientazione paesaggistica e le fotografie delle popolazioni indigene.
Al centro del Salone degli Incanti di Trieste i visitatori trovano anche tre alloggiamenti che rappresentano le case indigene chiamate ocas. Questa parte è dedicata a dodici gruppi indigeni che Salgado ha fotografato nei suoi numerosi viaggi: Awa-Guajá, Marubo, Korubo, Waurá, Kamayurá, Kuikuro, Suruwahá, Asháninka, Yawanawá, Yanomami, Macuxi and Zo’é.
Il percorso espositivo è accompagnato da una traccia audio immersiva commissionata appositamente per l’allestimento della mostra Amazônia da Jean-Michel Jarre che fa rivivere i suoni della foresta pluviale. Con una vera e propria sinfonia del mondo composta dai suoni della foresta – il fruscio degli alberi, i pianti degli animali, il canto degli uccelli o lo scroscio delle acque che sgorgano dalla cima delle montagne – la mostra restituisce anche la voce e i canti degli indigeni, tutti provenienti dagli archivi sonori del Museo di Etnografia di Ginevra.
Ad arricchire l’allestimento sono state allestite due sale dedicate alle proiezioni: in una è mostrato il paesaggio boschivo, le cui immagini scorrono accompagnate dal suono del poema sinfonico Erosão, opera del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos; nell’altra sono esposti alcuni ritratti di donne e uomini indigeni con in sottofondo una musica composta appositamente dal musicista brasiliano Rodolfo Stroeter. All’interno delle ocas sono invece presenti delle video interviste ad alcuni capi delle popolazioni indigene, che raccontano l’Amazzonia del loro punto di vista, le difficoltà che hanno incontrato nel far sentire la propria voce nel quadro delle politiche nazionali e l’importanza che la foresta ha per loro.
La mostra vuole raccontare l’ecosistema dell’Amazzonia, fornendo molte informazioni sulla sua biodiversità e sulla ricchezza culturale di chi la abita, rappresentando un monumentale lavoro di divulgazione oltre che di grande valore artistico. L’esposizione si pone in continuità con l’impegno dei coniugi Salgado per la preservazione dell’ambiente naturale della foresta attraverso iniziative di grande rilevanza per la collettività, come l’Instituto Terra.
All’interno del percorso espositivo è presente anche l’iniziativa Amazônia Touch, il primo volume fotografico concepito e progettato per non vedenti e ipovedenti. Grazie alla partnership tra Lélia e Sebastião Salgado con la Fondazione Visio, un’istituzione che promuove l’inclusione dei non vedenti nelle attività culturali, è a disposizione dei visitatori un libro che offre l’accesso alle fotografie della foresta amazzonica e delle sue comunità indigene grazie alla traduzione tattile delle immagini realizzata su lastre di ottone, cosparse da resina acrilica e minerali naturali.
Sebastião Ribeiro Salgado Júnior (AImorés 1944)
Fotoreporter umanista, è considerato uno tra i maggiori fotografi dei secoli XX e XXI. Dopo una formazione universitaria da economista decise, in seguito a una missione in Africa, di diventare fotografo. Nel 1973 realizzò un reportage sulla siccità del Sahel, cui ne seguì un altro sulle condizioni di vita dei lavoratori immigrati in Europa. Nel 1974entra nell’agenzia Sygma e documenta la rivoluzione in Portogallo e la guerra coloniale in Angola e Mozambico. Nel 1975 entra a far parte dell’agenzia Gamma e in seguito, nel 1979, della celebre cooperativa di fotografi Magnum Photos. Nel 1994 lascia la Magnum per creare, insieme alla moglie Lélia Wanick Salgado, Amazonas Images, una struttura autonoma completamente dedicata al suo lavoro. Salgado si occupa soprattutto di reportage di impianto umanitario e sociale, dedicando mesi, se non addirittura anni, a sviluppare e approfondire tematiche di ampio respiro. A titolo di esempio, possiamo citare i lunghi viaggi che, per sei anni, lo portarono in America Latina per documentarsi sulla vita delle campagne; questo lavoro ha dato vita al libro Other Americas. Durante i sei anni successivi Salgado concepì e realizzò un progetto sul lavoro nei settori di base della produzione. Il risultato è La mano dell’uomo, una pubblicazione monumentale, uscita nel 1993, tradotta in sette lingue e accompagnata da una mostra presentata finora in oltre sessanta musei e luoghi espositivi di tutto il mondo. Dal 1993 al 1999 Salgado lavora sul tema delle migrazioni umane. I suoi reportage sono pubblicati con regolarità da molte riviste internazionali. Oggi, questo lavoro è presentato nei volumi In Cammino e Ritratti di bambini in cammino. Nel 2013 Salgado ha dato il suo sostegno alla campagna di Survival International per salvare gli Awà del Brasile, la tribù più minacciata del mondo. Nel 2014 Salgado e il suo lavoro sono stati i protagonisti del film-documentario Il sale della terra, realizzato dal regista tedesco Wim Wenders in collaborazione con Juliano Ribeiro Salgado, figlio del fotografo brasiliano.