La contemplazione del mare è una pratica antica quanto l’uomo ed è un’esperienza che coinvolge non il solo senso della vista. A questa multisensorialità sono state dedicate pagine e pagine di letteratura, nel tentativo, spesso vano, di raccontarne o descriverne le sensazioni. Anche le arti visive non sono rimaste affatto distanti dal tema, mostrandoci mari calmi o in tempesta, mari assolati o notturni (si pensi a tal proposito ai quadri di Turner o di Munch), sui quali scivolano con forza o con delicatezza, a seconda del loro stesso moto, le diverse luci del sole o della luna.
Ma sono gli uomini che vicino al mare vivono che con esso hanno un rapporto più profondo. Vi sono legati da un sentimento spesso inespresso, ma sempre presente nel loro intimo, che crea in essi una profonda risonanza interiore. Per loro il mare è intrigo e distensione dell’animo al tempo stesso, fonte di fascino visivo e arricchimento estetico e contemplativo. A questa categoria di uomini appartiene lo sciclitano Renato Iurato, che come il suo conterraneo , non riesce ad allontanarsi dal suo tema d’elezione: il mare per l’appunto. Non che il nostro fotografo non si sia cimentato con altri soggetti, ma al suo mare sempre ritorna.
Alcuni anni addietro, in occasione di altri suoi lavori fotografici, ebbi a definire Iurato un fotografo inquieto e al tempo stesso un pittore mancato. Oggi non posso che confermare questa dicotomia senza la necessità che avvertivo allora di doverla risolvere. Iurato è entrambe le cose al tempo stesso: fotografo inquieto perché il suo strumento è la fotocamera e non il pennello, senza che questo gli impedisca di essere sempre e comunque uno sperimentatore di tecniche e di modalità espressive; pittore mancato perché la sua materia visiva, che ha nel colore la sua essenza, travalica molto spesso il reale per diventare visione intima.
Le sue fotografie, le sue onde, sono tutto questo e altro ancora. Sono pazienza dell’attesa. Sono spirito di osservazione. Sono delicatezza di sentimenti. Sono anima fatta immagine. In definitiva sono Renato Iurato traslato sul supporto bidimensione della carta fotografica, che però conserva, pur non mostrandocelo apparentemente, tutto la profondità della terza e anche di una quarta dimensione: quella del tempo.
Il tempo è per il fotografo, ancor più che per il pittore, pane quotidiano. Il fotografo non può non confrontarsi con esso e Iurato lo fa tradendo solo apparentemente lo specifico fotografico, quello che vorrebbe che tra i geni della fotografia ci fosse esclusivamente quello di fermare il tempo e di mostrarne la sua “realtà”. Per Iurato il reale è solamente il punto di partenza, il resto viene espresso dai moti della sua anima che si confronta con il reale stesso.
L’artista sciclitano non ci mostra delle cose, ma il suo desiderio di esse. Del resto il fotografo, così come il pittore, secondo David Caspar Friedrich, non “deve dipingere ciò che vede davanti a sé ma […] ciò che vede in sé”. E questo Iurato lo fa in maniera encomiabile, andando incontro alle cose, osservandole, seguendole, assecondandole, realizzando una fotografia gestuale ed intima al tempo stesso, non quindi la semplice registrazione di un fatto fisico, ma il concretizzarsi di un’idea: la sua idea del mare. Il reale quindi è sostituto dall’apparizione dell’idea, che grazie allo scorrere della luce sulla materia liquida, trova concretezza in una sequenza d’istanti sovrapposti, riuscendo nell’impossibile: dare forma all’acqua.
Quella di Iurato è un’attenzione di matrice poetica per il movimento e per la luce e per i colori che dal loro connubio si generano, che prescinde dalla dimensione toponomastica del luogo, per dare invece concretezza al tempo, che ci viene proposto senza interruzioni, nel suo stesso fluire, nell’alternanza del concavo e del convesso delle onde, chiudendo e dilatando al tempo stesso la nostra visione, oltre l’apparente limite dell’inquadratura.
Il mare è per Iurato bellezza pura e meravigliosa; è un mare interiore non fatto solo di colori e movimenti, ma di veri e propri sentimenti alla stato liquido. Ma questa astrazione non può farci dimenticare che quello fotografato da Iurato è lo stesso mare della speranza per orde di disperati che lo attraversano su ogni mezzo alla ricerca di una felicità che non tutti troveranno. Non possiamo quindi che sentirci fortunati, dato che per noi il mare è ancora simbolo di semplicità e poesia, così come ce lo raccontano le fotografie di Renato Iurato.